Manifestazione 2 Aprile 2019 - continua l'intervista a Marino Lupi

25/03/2019

Il prossimo 2 Aprile 2019 a Firenze si terrà una grande manifestazione. Per la prima volta le persone con Autismo, le loro famiglie, insieme a tanti amici, associazioni e istituzioni sfileranno per le vie di Firenze per chiedere, con voce alta e ferma il diritto ad una vita libera ed autodeterminata lontano da ogni forma di istituzionalizzazione: "E ora la vita" è lo slogan della manifestazione. Clicca qui per leggere il programma dell'iniziativa. Su questa iniziativa la redazione del sito ha voluto fare alcune domande al nostro Presidente Marino Lupi, una chiacchierata sulle motivazioni e sugli obbiettivi della manifstazione. la settimana scorsa abbiamo già pubblicato una parte che potete leggere cliccando qui. La chiacchierata continua...

Ma le istituzioni hanno fatto le leggi, basta applicarle.

 

Eh no! Non basta fare le leggi. È necessario creare le condizioni, anche economiche, che le rendano applicabili e realizzabili. Diversamente sono e rimarrano enunciazioni di principi, anche molto alti ma sempre e solo enunciazioni di principi. Inutile dire “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge...” (volendo citare il gradino più alto della nostra legislazione italiana con l'art 3 della costituzione) se poi i nostri figli hanno difficoltà, anche insormontabili, ovunque, ad integrarsi nella società. Difficoltà in ogni ambito di vita. Inutile parlare di uguaglianza se i nostri figli non hanno un pieno diritto allo studio e alla scuola: inclusi alla meglio alla scuola dell'obbligo dopo di che la situazione diventa drammatica e spesso senza speranza di poter proseguire. Di diritto al lavoro neanche a parlarne. Ma lo sa che i nostri figli spesso non hanno riconosciuto nemmeno il diritto alla salute?

 

Che vuol dire?

 

Quello che ho detto. Lo sa che una persona affetta da autismo ha un'aspettativa di vita inferiore di circa 15 anni? E questo non perché si ammalano di più ma solo perché vengono curati meno e male. In buona sostanza possiamo dire che i nostri figli ad oggi non hanno diritto ad una vita, una vita libera ed autodeterminata. Una vita in mezzo a noi, in una casa con i propri cari o con chi avranno deciso di vivere. Una vita dove sia possibile cercare di poter sfruttare i propri talenti grazie a quelle protezioni che una società moderna deve dare. Tutti noi abbiamo diritto ad un progetto di vita.

 

Il progetto individuale di vita è quindi il cuore della manifestazione

 

Si, è di questo che vogliamo parlare. Ognuno di noi più o meno abile, ha un proprio progetto, per la propria vita. Per noi, persone con disabilità è previsto anche per legge dalla L. 328/2000 in poi lo ritroviamo in leggi nazionali e regionali. Ma siamo fermi lì. Da tre anni alla conferenza regionale sulla disabilità se ne parla ma siamo fermi a eneunciazioni di principio, siamo fermi a parlarne.. Ma guardi ceh non siamo alla ricerca di un modulo nuovo dove fare le nostre richieste come qualche solerte dottore ha pensato. Simao alla ricerca della nostra strada nella vita. Una strada che non conduca poi tutti noi in qualche recinto, centro o istituto più o meno bello. Quelli non ci interessano. Anzi serebbe l'ora non solo di non pensarli più ma cercare di riconvertire quelli che ci sono in luoghi di scambio con la società, spazi aperti, dove abilitarsi per satere fuori e dove magari rientrare in caso di bisogno.

 

Quello che chiede non è semplice anzi, sembra molto difficile.

 

Forse,a nzi sicuramente. Ma non ci abbiamo neanche provato. Mai. Salvo rare e sporadiche eccezioni. E noi siamo pronti a fare la nsotra parte. Come sempre. Sul progetto di vita il 2 Aprile partirà un progetto, che ci è stato finanziato dalla Regione Toscana che abbiamo voluto chiamare “Imagine”. È un progetto che cercherà di aiutare le persone con disabilità e le loro famiglie ad immaginare il proprio futuro: cosa farà da grande suo figlio, dove sarà, da adulto, suo figlio. Provare a rispondere a domande solitamente proibite per i genitori di persone con disabilità, specie se grave. Sono domande che equivalgono a coltellate. Ci è stato tolto anche il diritto di immaginare il nostro futuro. Lo facciamo tutti, per tutti i nostri figli ma non lo facciamo per quelli disabili. Dobbiamo vincere questa paura e, partendo dalla conoscenza di chi sono, di che cosa sanno fare, dalla conoscenza di ciò di cui hanno bisogno iniziare a provare a vederli in mezzo a noi, felici. “Imagine” è un progetto che si muoverà per la toscana nelle sedi delle nostre associazioni e farà formazione, sui genitori o direttamente sulle persone con disabilità affinché possano dare il loro contributo a realizzare la propria vita, come è giusto che sia. E il primo punto per iniziare a immaginare la vita è sicramente vederci come persone. Non più oggetti rotti da curare e mettere al sicuro, ma persone, forse con grandi difficoltà e piccoli talenti, ma persone, cittadini. Iniziamo da qui, vedrà che tutto potrà diventare meno difficile. Poi continuiamo affermando e sostenendo che la loro vita non è la loro cura ma molto di più. Anzi la loro cura è qualcosa che permette loro di avere una vita. La cura è e rimanga uno strumento e non diventi mai il fine. Il fine è la vita. Cambiando prospettiva, cambia anche il modo di vedere le cose, non trova?

 

Si, sicuramente. Quindi niente centri o istituti mi sembra di capire

 

Su questo leassociazioni si sono già espresse più volte in maniera compatta e definitiva. Centro, residenze, istituti. Che vuol dire centro? Nomen omen: nel nome troviamo il destino delle cose. Perché centro? Perché accentra? Perché concentra? E accentra o concentra chi? Cosa? Residenze? Sono in maniera evidente manicomi mascherati. Istituti? Basta! Questi luoghi sono quasi sempre la destinazione definitiva dei nostri figli. I cosiddetti “centri” sono, se va bene, poliambulatori dove fare qualche ora di una qualche terapia , se va male asili per grandi, dai quali si esce, ogni tanto, per mano, tutti in fila. Badantati speriamo sicuri. La cronaca su questo ci racconta cose orribili. I nostri figli in questi luoghi, residenze, istituti, fanno una vita completamente sganciata dalla vita reale. Il personale è spesso in divisa (si fa per l'igiene ci dicono. Ingiene di chi? Grembiuli, vestine, camici o altro, divise da operatore), le porte chiuse, le finestre con le inferiate e per andarlo a trovare, una visita non necessariamente della famiglia, è necessario suonare il campanello, chiedere il permesso e poi non ti fanno entrare: le visite vanno programmate. Alle nostre proteste ci rispondono “... e come si fa, ci sono le attività...” Possiamo definire vita questa cosa in questi posti? Noi vogliamo vivere nelle nostre case e vogliamo scegliere con chi vivere. È chiedere troppo chiedere ciò che tutti fanno? Questi sono i nostri desideri. Si, è vero, i nostri appartamenti saranno supportati. Con un aiuto più o meno importante, e questi sono i nostri bisogni. Vogliamo avere un'attività occupazionale o lavorativa che non può essere nello stesso posto dove viviamo: le case laboratorio non vanno bene neanche per noi

 

continua....

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