I bisogni delle famiglie

 di: Donata Vivanti, Autisme Europe

LA FAMIGLIA TRA BISOGNI E RISPOSTE DEI SERVIZI


Le famiglie di persone con autismo hanno più preoccupazioni per il futuro dei propri figli di qualunque altro genitore di portatore di handicap. Perfino i genitori che devono confrontarsi con una disabilità fisica, con figli marcati dalla malattia, di fronte a persone fisicamente prestanti e apparentemente piene di salute, come spesso sono le persone con autismo, non comprendono la drammaticità della situazione delle loro famiglie.

LE DIFFICOLTA’ SPECIFICHE DELL’AUTISMO
Disturbo dell'interazione sociale
L’indifferenza del bambino autistico, vera o apparente che sia, nei confronti di genitori che hanno già investito amore e devozione sulla loro creatura apparentemente perfetta, costituisce una vera e propria tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati dal bambino che non corrisponde ai loro sentimenti, ma che non possono nè vogliono abbandonare.
Con il passare degli anni il comportamento socialmente inadeguato diventa sempre più  fonte di discriminazione e di isolamento in seno ad una famiglia già provata, ormai priva delle energie delle risorse emotive necessarie ad affrontare critiche e insofferenza.

Disturbo della comunicazione
I genitori si accorgono ben presto dei problemi di comunicazione del bambino, ma spesso cercano di placare l’angoscia aggrappandosi come ad un’ancora di salvezza alle parole di conforto di amici, parenti e talvolta anche all’incomprensione di professionisti incompetenti: ”ogni bambino ha un suo ritmo di crescita... Il bambino non ha niente, siete voi che siete troppo ansiosi e che dovreste curarvi...”.

I genitori possono cercare una via di fuga dall’evidenza attribuendo al bambino testardaggine e disobbedienza.
Ma  il fallimento di ogni tentativo educativo li snerva e avvelena i rapporti familiari, già messi alla prova da un bambino così difficile.
Inutile dire che nell’età adulta, senza una adeguata presa in carico, il giovane autistico sarà ancora più frustrato da questa difficoltà, e ancora più preda di angoscia e problemi di comportamento.

Problemi di comportamento
La vita di famiglia è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento del bambino autistico, soprattutto se il bambino sviluppa atteggiamenti etero o auto aggressivi: niente è più doloroso per i genitori che assistere impotenti al dramma del figlio che si picchia, si graffia,  batte la testa contro il muro, o che, accompagnato in mezzo ai coetanei con il cuore colmo di speranza, li respinge a calci e morsi.

Spesso a problemi  già così difficili da gestire, si aggiungono iperattività e i problemi di sonno e di alimentazione.
La vita dei genitori è massacrante: non esistono vacanze, ammalarsi è un lusso, riposarsi impossibile. La fatica è schiacciante, i rapporti familiari ne sono ben presto compromessi, gli altri figli necessariamente trascurati; lo stress della famiglia diventa cronico.

Con il passare degli anni la famiglia, se abbandonata a se stessa,  sarà  sempre meno  in grado di far fronte ai problemi di comportamento di un adulto vigoroso ed esigente; la paura e l’angoscia per i comportamenti bizzarri, incomprensibili e talvolta incontenibili, la vergogna di mostrare la propria inadeguatezza  possono precipitare la famiglia nell’isolamento .

FATTORI DI STRESS LEGATI ALL’AMBIENTE
False credenze sull'autismo
La credenza secondo la quale l’autismo sarebbe imputabile ad una cattiva relazione madre-bambino rappresenta un ulteriore fattore di stress: anche nella famiglia più consapevole e competente il dubbio si insinua, si rimugina il passato, e il senso di colpa logora la coppia e mina fatalmente il già difficile rapporto con il bambino.

Incomprensione sociale
Succede moto spesso che i comportamenti bizzarri dei bambini autistici siano considerati dall’ambiente sociale come manifestazioni di maleducazione di cui è responsabile la famiglia: frasi come “ se fosse mio figlio, saprei io come educarlo...” sono ben conosciute dalla maggior parte dei genitori di bambini autistici.

Anche la famiglia più unita e più competente deve così affrontare non solo le difficoltà di vivere con un bambino tanto difficile, ma anche  il giudizio, le critiche e l’intolleranza di vicini, amici e parenti, della cui solidarietà avrebbe invece disperatamente bisogno.

Isolamento
La paura e l’angoscia che i comportamenti bizzarri e incomprensibili delle persone autistiche possono suscitare, la vergogna di essere ritenuti genitori inetti, il senso di inadeguatezza possono indurre i genitori a rintanarsi con il bambino nell’ambiente domestico e a rinunciare al proprio compito educativo,  sprofondando il figlio nel caos e la famiglia intera nell’isolamento sociale.

Incertezza per il futuro
“Che ne sarà di mio figlio quando non ci saremo più noi ad occuparcene, a volergli bene?”
Questa domanda, motivata dall’attesa di vita normale delle persone affette da autismo, accompagna come un incubo l’intera esistenza dei genitori.
Si può anche aver superato la disperazione, aver capito l’handicap del bambino, aver imparato come comportarsi con lui; ma la paura per il suo avvenire si riaffaccia ogni mattina, ogni momento di ogni giorno che passa inesorabilmente.

LE PROBLEMATICHE FAMILIARI NELLE ETA’ DELLA VITA
L’Età prescolare
Sono note le difficoltà e lo smarrimento della famiglia in cui nasce un  bambino  portatore di handicap, ma nel caso dell’ autismo la famiglia è particolarmente colpita e smarrita, a causa delle caratteristiche stesse della sindrome  che impediscono al bambino di stabilire una relazione proficua, con la difficoltà in più di accettare l’handicap in un figlio apparentemente normale, e talvolta perfino molto bello.

Inoltre i problemi di comportamento mal interpretati e i miti che ancora sopravvivono sull’autismo rendono i genitori particolarmente vulnerabili ai sensi di colpa e di inadeguatezza.
Tuttavia in questa fase i genitori sono pieni di speranza e di energie, ed estremamente motivati ad aiutare il bambino e a migliorare il clima familiare.
Se hanno la fortuna di incontrare professionisti che sappiano valorizzare questi atteggiamenti informandoli, formandoli, e implicandoli attivamente nell’educazione del bambino, non solo le competenze del bambino, ma anche la serenità familiare potranno trarne enorme giovamento.

Condividere dei successi in un contesto adeguato aiuta il bambino e i genitori a conoscersi e capirsi, a recuperare la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, e a creare quella relazione positiva che se non può purtroppo agire sulla natura dell’handicap può almeno migliorare in modo significativo la qualità di vita di tutti.

La famiglia è il primo ambiente sociale nel quale ogni bambino si trova a vivere: l’integrazione nell’ambiente familiare è quindi il primo obiettivo educativo nei confronti del bambino autistico.

La presa in carico da parte di servizi competenti, già indispensabile in questo periodo, dovrebbe puntare innanzi tutto ad aiutare il bambino attraverso i genitori, perchè il benessere del bambino e della famiglia sono indissolubili.

Età scolare
Quando il genitore di un bambino autistico si trova a dover iscrivere il proprio figlio a scuola, si pone una serie di domande che non sfiorano nemmeno il genitore del bambino “normale”.

Una famiglia senza problemi si aspetta infatti dalla scuola che prepari il bambino nelle acquisizioni solastiche di base, e più tardi che lo prepari a studi universitari o ad una professione.
Ma che cosa aspettarsi dalla scuola nei confronti di un bambino autistico?

E’ da qui che iniziano le incertezze e le ansie che accompagneranno questa famiglia per tutto l’iter scolastico.
Nel processo educativo del bambino normale la famiglia non si pone molte domande: l’iter scolastico è già chiaro, ci si aspetta che attraverso le acquisizioni di base il bambino venga preparato ad affrontare un corso di studi superiore o ad un lavoro.

Ma quali aspettative sono realistiche per un bambino autistico, dove dove vogliamo che arrivi, come arrivarci ?
I genitori desiderano legittimamente che il bambino  faccia progressi, e che stia meglio, in altre parole che, anche grazie all’educazione, diventi oggettivamente sempre più competente e soggettivamente sempre più sereno.

Inoltre la famiglia desidera naturalmente, e a ragione, che qualunque programma educativo sia elaborato e portato avanti nel rispetto del bambino, ma può accadere che questa legittima aspirazione porti ad atteggiamenti contradditori: da una se da una parte i genitori vogliono offrirgli le opportunità di crescita più adeguate, dall’altra desiderano risparmiargli umiliazioni e dolore.

Piuttosto che di diventare apparentemente più “normali”, bambini autistici hanno bisogno, come ogni altro bambino, di imparare ad essere indipendenti nelle abilità personali, nella capacità di comunicare e nelle relazioni sociali,  obiettivi che hanno a che fare con il rispetto della persona: l’acquisizione di autonomia di vita dà una giusta impressione di miglioramento non solo alla famiglia e alla comunità, ma anche al bambino stesso.

Con il passare degli anni tuttavia la disabilità del bambino nei confronti dei coetanei diventa sempre più evidente, e i risultati, nulli nel caso di una presa in carico approssimativa o di una mancanza di flessibilità e di costanti aggiustamenti del programma educativo, ma spesso modesti anche con il migliore degli interventi, se paragonati ai progressi del bambino “normale”, possono determinare una perdita di interesse negli insegnanti: i PEI non vengono più controllati e valutati così frequentemente come sarebbe necessario, e la perdita di motivazione si trasmette anche al bambino, che può cominciare ad apparire svogliato e pigro, o addirittura oppositivo.

Cominciano così i problemi di comportamento, che se affrontati senza la glusta comprensione delle loro motivazioni si aggravano sempre più, e a causa della crescita somatica diventano sempre più difficili da gestire.

La famiglia in questo periodo, se non si è stabilito un buon rapporto di collaborazione e di fiducia, avrà l’impressione che il bambino non faccia che peggiorare, e rimetterà in discussione la validità delle proprie scelte rischiando di iniziare un nuovo calvario di ricerca di soluzioni miracolose quanto improbabili, anche solo sulla base di dicerie, testimonianze di amici e parenti, o notizie ricavate da riviste o programmi televisivi divulgativi, in balia di un’altalena di speranze e delusioni.

Questo atteggiamento tuttavia mette in luce le potenzialità positive della famiglia: la necessità di mantenere fiducia nelle possibilità di sviluppo del bambino e l’esigenza di sentirsi utili, che se indirizzate verso una collaborazione costruttiva con l’équipe educativa possono costituire un punto di forza per il successo educativo.

L’Adolescenza
L’adolescenza arriva presto, e con lei, per giovane che sia l’età di sviluppo, gli stessi problemi legati alla tempesta ormonale, ai cambiamenti fisici e alla maturazione sessuale che affliggono ogni adolescente.

Il ragazzo non è più il cucciolo dalle fattezze accattivanti al quale in fondo non è troppo difficile perdonare tutto; crescendo si è trasformato in un adolescente goffo, esigente, talvolta sgradevole, incapace di comprendere e comunicare nuove sensazioni e bisogni, i cui problemi di comportamento rappresentano sempre più motivo d’intolleranza ed emarginazione sociale.

E’ in questo stesso periodo che possono maniferstarsi le prime crisi epilettiche, inquietudine per la sua salute aumenta l’angoscia della famiglia, già provata  da anni di battaglie e dedizione.
I genitori, stanchi, scoraggiati, impotenti a rispondere alle esigenze di un giovane fisicamente sano e vigoroso, devono confrontarsi  con una realtà ormai inconfutabile, esorcizzata negli anni precedenti da speranze e illusioni.

Eppure a questa età il ragazzo mostra spesso un miglioramento delle sue capacità sociali e una forte  motivazione a instaurare relazioni al di fuori della famiglia: l’adolescenza è il momento ideale per insegnargli, attraverso l’acquisizione di nuove competenze in programmi adeguati e realistici, il piacere delle attività e dei rapporti sociali.

L’Autistico nell'età adulta: La necessità di una presa in carico
La mancanza di strutture adeguate di accoglienza comporta situazioni di grave sofferenza per l’adulto autistico e la sua famiglia, e con il passare degli anni si fa sentire sempre più crudelmente.

Si parla spesso della difficoltà dei genitori di affrontare la realtà dell’handicap del proprio figlio: ma non sarebbe forse più facile affrontarla, se i genitori sapessero fin dal momento della diagnosi che comunque anche per il loro amato bambino ci sarà un percorso verso l’indipendenza, un futuro, qualunque sia l’evoluzione delle sue potenzialità?

L’adulto autistico, privato dai problemi di comunicazione della possibilità di manifestare bisogni e sentimenti, esacerbato dall’inattività in mancanza di una adeguata presa in carico, sarà ancora più frustrato e ancor più preda di angoscia e problemi di comportamento.
I genitori hanno  l’impressione che i giochi siano ormai fatti, e la loro motivazione e impegno si indeboliscono con le energie della giovinezza perduta.

Con il passare degli anni i preconcetti pesano sempre più, il comportamento socialmente inadeguato diventa sempre più fonte di discriminazione e di intolleranza, l’angoscia dei familiari per i comportamenti bizzarri talvolta incontenibili, l’umilazione derivata dal rifiuto e  dall’insofferenza dell’ambiente e la paura di esporre il figlio a trattamenti eversivi possono precipitare la famiglia nell’isolamento .

Anche se il senso di colpa iniziale, fattore di estrema sofferenza nei genitori dei bambini, è ormai superato, l’assenza di soluzioni di vita adeguate e dignitose può ben presto trasformare lo stress della famiglia in disperazione, e probabilmente non esiste genitore di persone con autismo che non si sia  almeno una volta nella sua vita augurato di poter sopravvivere al proprio figlio, per non doverlo mai abbandonare alla solitudine e all’emarginazione: questi sentimenti non fanno che generare ulteriori sensi di colpa, .la famiglia  si trova a doversi confrontare con una realtà ormai inconfutabile, esorcizzata negli anni precedenti da speranze e illusioni.

Eppure, superata la fase dell’adolescenza, le persone con autismo hanno raggiunto un nuovo equilibrio, e spesso si trovano nella condizione ideale per approfittare di una presa in carico educativa: l’angoscia nei confronti degli estranei diminuisce, e il giovane diventa più curioso e più disponibile all’apprendimento, proprio nel momento in cui la scuola non è più in grado di far fronte al suo bisogno di educazione e di partecipazione.

Come Theo Peeters dice, l’autismo è un disturbo pervasivo, e come tale richiede una risposta pervasiva, e poichè l’autismo, benchè si possano fare progressi significativi, dura tutta la vita, tale risposta dovrebbe essere presente e adeguata per ad ogni età.

La presa in carico educativa quindi non dovrebbe arrestarsi, al contario anche i giovani che non hanno potuto approfittare precedentemente di un supporto educativo specifico possono fare notevoli progressi e trarre vantaggio da un insegnamento specializzato, adeguato alla loro possibilità, mirato all’acquisizione di competenze sociali e lavorative.

Dare un sollievo e un supporto diventa prioritario nel momento in cui la famiglia non è più in grado di rispondere al bisogno d’indipendenza e di partecipazione del giovane autistico: la persona disabile non può essere privata della libertà di sviluppare un proprio progetto di vita.

Nell’età adulta deve potersi dedicare, come qualunque altra persona, ad attività atte a dare senso alla sua vita e sviluppare le sue competenze e i suoi interessi.
 L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che anche le persone autistiche con un livello di sviluppo modesto sono in grado di lavorare molto più e meglio di quanto si pensasse una volta, e che il lavoro risponde ad una loro esigenza profonda, oltre che rappresentare uno strumento efficace di miglioramento dell’autostima e dei problemi di comportamento.

Non dobbiamo dimenticare che negare alla persona autistica la possibilità di una educazione permanente, di una formazione professionale adeguata, di un lavoro e di una vita indipendente nei limiti della possibilità individuali significa non solo negarle i diritti fondamentali della persona, ma anche esporla al rischio di abusi inauditi, indegni di una società civile.

 © Autismo Sardegna  onlus affiliata Autismo Italia


 

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