Iniziative per la giornata mondiale per la consapevolezza dell'autismo

08/04/2018

Continuano, innumerevoli,  in tutta la Toscana le iniziative per la giornata mondiale per la consapevolezza dell'autismo. Le persone con Autismo, le associzioni e i familiari sono sempre più decisi a far valere i diritti delle persone con disabilità per la loro piena inclusione nella propria comunità con il proprio progetto di vita di cui la cura è solo una parte e lontano da ogni forma di istituzionalizzazione.

Domenica 15 Aprile tutte le associazioni per l'autismo si ritroveranno ad Arezzo, presso la sede di Autismo Arezza, in via Ticino, alla annuale assemblea di Autismo Toscana. Sarà un importante momento di riflessione. C'è la forte volontà di ribadire con forza la volontà di essere protagonisti nel progetto di vita di ciascuno di noi.

sabato 7 aprile si è svolto a Massa un importante convegno  " Autismo Inclusione Scolastica e Progetto di Vita- Aprire la strada ".

A questo convegno è intervenuto fra gli altri il Presidente di Autismo Toscana Marino Lupi di cui riportiamo l'intervento

Clicca qui e leggi l'intervento

In questi giorni molti sono stati gli incontri e in molti di questi si  continua a parlare di bambini e di scuola naturalmente di scuola per bambini parlando di rimedi approcci e sistemi per la scuola senza mai provare ad andare oltre e provare ad immaginare la vita di queste persone che diventeranno alla svelta adulte

Vorrei quindi provare a spostare la discussione facendo una riflessione sul diritto delle persone con disabilità ad una vita dignitosa e valorizzata e  impone lo sviluppo di punti programmatici per tradurre questo diritto in una realtà concreta. Il principio di base delle norme vigenti è quello della centralità della persona con disabilità, che deve essere posta in condizione di partecipare nella maggiore misura possibile alla definizione di un progetto di vita che preveda integrazione, condivisione, e anche autonomia. 
So di alzare e di molto l’asticella della normale discussione di queste giornate ma credo sia inevitabile per uscire dal pantano di queste servizi spesso fini a se stessi, da un elenco di attività che spesso non conducono ad un progetto di vita e di domani. Noi genitori, come ci siamo fatti promotori anni fa di una trasformazione di quello che era l’approccio ai nostri figli, così ora dobbiamo nuovamente lavorare per far cambiare la visiaone stessa dei nostri figli: oggetti rotti? Solo bisognosi di cure? o persone con diritti e difficoltà? da qui parte la discussione e a seconda della nostra convinzione e non solo dalla nostra risposta si declinerà il resto. Mi rivolgo ai genitori perché la visione dei nostri figli non cambierà se non perché noi lo imporremo come abbiamo già fatto in passato. In servizi sono più bravi a mantenere le posizioni le rivoluzioni le fanno le presone.

La cura, Il progetto sanitario-assistenziale,la presa in  carico socio-sanitaria,  è solo una parte del progetto individuale di vita: non si identifica con il progetto di vita e non lo esaurisce.
Allora in questa nostra riflessione proviamo a seguire i principi ispiratori della pari opportunità e della non discriminazione, se di vita si parla  è necessario provare ad identificare diverse aree fondamentali di intervento:
abitare, come esigenza di affettività e, insieme, integrazione e indipendenza, perché individuare possibilità abitative diverse da quelle familiari permette di rispondere al desiderio di affermare la propria individualità, crescere e trovare un proprio spazio nella comunità;
età evolutiva e scuola, perché questa fase è determinante per fare emergere e crescere le potenzialità delle persone con disabilità attraverso una proposta formativa adeguata, che li accompagni a una progressiva autonomia, e perché la scuola rappresenta una fondamentale opportunità di socializzazione da non sprecare;
lavoro, attraverso il quale si costruisce un ulteriore tassello di autonomia, si allacciano relazioni e si definisce in modo più compiuto il proprio ruolo nella società;
tempo libero, perché rendere accessibili alle persone con disabilità attività ricreative, iniziative turistiche e culturali scongiura il pericolo che il tempo libero sia tempo vuoto, favorisce l’integrazione  e lo scambio con gli altri e può contribuire a fornire nuovi stimoli per affrontare le difficoltà quotidiane legate alla condizione di disabilità;
servizi, indispensabili per garantire alla persona con disabilità la miglior qualità di vita possibile . Servizi il  più diversificati e personalizzati possibile, in grado di fornire adeguato sostegno alle persone con disabilità, ma anche alle loro famiglie;
riabilitazione, nell’ambito di percorsi individualizzati che sappiano riconoscere la specificità, in particolare, degli interventi da adottare non solo nel corso dell’età evolutiva , ma anche nell’età adulta, per propiziare l’emergere di potenzialità e competenze e che operino comunque sempre nella direzione della maggiore partecipazione possibile della persona con disabilità alla vita della società:
partecipazione, effettiva, costruttiva e responsabile della persona con disabilità e della sua famiglia alla costruzione del proprio progetto di vita.

1. Tutto questo modo di lavorare secondo le norme è inserito in un capitolo, quello del Il progetto individuale come strumento di promozione di una vita dignitosa
Va affermato anzitutto il diritto che ha ogni uomo e ogni donna con disabilità, in qualunque Paese del mondo, ad una vita dignitosa.
Questo impone che prima del “contenitore” (il servizio, la risposta, l’intervento) si debba porre al centro e al cuore del sistema la difesa della persona con la propria dignità e il suo diritto a rimanere nella propria comunità, a contatto con le proprie reti familiari e sociali. La “persona al centro” significa che non solo è oggetto del sistema di prestazioni e risposte, ma anche soggetto che collabora, partecipa, sceglie il processo di inclusione sociale, anche laddove la gravità della compromissione del quadro clinico o comportamentale fosse di notevole entità. 
In tale prospettiva diventano indispensabile per il reale “esistere” della persona con disabilità:
e quindi non basta offrire “soluzioni” esterne o organizzative, che spesso risultano statiche e inducono - anche in situazioni di normalità - angoscia e fatica e che ci portano spesso a“rapidi” cambiamenti, dovuti ad eventi amministrativi, senza una reale attenzione al senso della vita personale. La continuità del sé può essere minacciata da scelte organizzative non condivise, prese sulla carta, senza una attenta valutazione del contesto reale.
Dobbiamo puntare sulla costruzione di relazioni significative: spesso si è più attenti all’aspetto funzionale della collocazione degli operatori che non alla “significatività della relazione” ;
i nostri figli crecono in maniera più rapida dei figli normo dotati……quindi Appare decisivo affermare attraverso la redazione del progetto individuale:
l’urgenza di reale riconoscimento dei diritti di ogni uomo e di ogni donna con disabilità ad una vita degna e vivibile;
l’urgenza di promuovere una cultura del riconoscimento del desiderio esistenziale all’accoglienza e all’autonomia di ogni persona con disabilità e non solo dell’appagamento settoriale di bisogni;
l’urgenza di propiziare i tempi differenziali e differenziati che segnano l’arco esistenziale della vita di ogni persona con disabilità;
l’urgenza di promuovere la ricerca scientifica, che possa garantire ogni forma di prevenzione  dell’evento lesivo;
l’urgenza di promuovere la tutela della salute, soprattutto in quelle forme dove il curare non può garantire il guarire, dove non è possibile liberarsi dalla disabilità, ma occorre liberare le potenzialità che ogni handicap non potrà mai cancellare (come opportunamente ricorda l’ICF);
l’urgenza di garantire diritto allo studio, al lavoro, alla casa, all’abbattimento delle barriere (anche, o forse soprattutto, culturali);
l’urgenza di tutelare, per i genitori, il “ tempo dopo di noi”, che consenta al padre e alla madre di vedere il proprio figlio con disabilità consegnato all’attenzione e alla cura, garantite dal vivere civile, già nel “durante noi”, come diritto di cittadinanza e non tanto come esito di sola beneficenza, discrezionale e spesso assistenzialistica;
l’urgenza di promuovere ricerche e sperimentazioni, atte a sostenere e incrementare le potenzialità, ricordando che la riabilitazione, anche nell’età adulta,  è non solo restituzione ad integrum di funzioni compromesse: è altresì barriera al decadimento, attivazione di funzioni compensative, evocazione di funzioni alternative.
2. procediamo dunque oltre la medicalizzazione e la sanitarizzazione
La persona con disabilità – persona unica e irripetibile – richiede non solo cura, ma competenza e attitudine alla capacità di “prendersi cura”, contrastando ogni forma di eccesso di medicalizzazione e di sanitarizzazione.
Il progetto personalizzato di vita,  esige di porre al centro la persona e il suo percorso esistenziale: dalla nascita, alla crescita, all’età adulta e a quello snodo delicato, soprattutto per i genitori, del “dopo di noi”, a cui dobbiamo rapidamente aggiungere ed integrare il “durante noi”.
Questo nuovo modo di pensare alla nostra persona disabile, pensare alla sua vita e non alla sua cura ci consente di capire subito che il terreno su cui ci stiamo muovendo attiene alla sfera complessa e fondamentale dei Diritti Umani, prima ancora che dei diritti civili, politici, economici e sociali.
Impostare il progetto individuale di una persona con disabilità scegliendo di usare come schema strutturale quello dei Diritti Umani, conduce a leggere le azioni di politica sociale che le Istituzioni e la Società compiono utilizzando il severo e universale parametro della Uguaglianza, Dignità e Libertà dell’Uomo. Ciò significa anteporre alle scelte politiche, in tema di istruzione, lavoro e abitare, gli elementi condizionanti della Non Discriminazione e quindi delle Pari Opportunità e tutto questo  a partire dalle scelte politiche territorialmente più vicine alle persone, alle scelte del Comune che, per la sua prossimità alla cittadinanza, deve farsi garante del benessere di tutti coloro che vivono nel suo territorio. 
Ecco perché noi ci rivolgiamo ai sindaci nelle nostre richieste di progetto di vita, ai sindaci e non alla asl.
 Quindi detto questo riportiamo La nostra riflessione a declinare i principi del progetto individuale della  persone con disabilità  negli ambiti quotidiani della vita nella quale essa articola il suo essere: l’abitare, l’età evolutiva e la scuola, il lavoro, il tempo libero, i servizi, la riabilitazione e la partecipazione.
 L’abitare. L’abitare rappresenta il diritto ad un progetto personalizzato di futuro, collegato ad una casa, e ad una dimensione familiare (quotidiana di appartenenza e di relazioni) ma nello stesso tempo l’accessibilità ad una abitazione collocata in una dimensione di normalità, adeguata ai bisogni connessi con la propria disabilità, integrata con le case di un quartiere, di un paese, di una città oppure in un contesto rurale, integrata con le attività agricole.
Se poniamo al centro di ogni intervento la persona con disabilità, nel caso di un adulto con disabilità, integrato nel proprio ambiente di vita, occorre creare le condizioni perché il bisogno di autonomia, di “differenziazione” dalla propria famiglia, trovino una risposta, così come per tutte le persone adulte, una risposta che non può e non deve essere l’istituzionalizzazione formalmente bandita, se ce n’era bisogno, dalla legge 112/2016 oltreché dalla legge 18/2009 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”.
Ciò potrebbe significare ad esempio, permettergli di “uscire” dalla propria famiglia e fare scelte di residenzialità alternativa: normali abitazioni, ma anche esperienze di cohousing, fattorie integrate con realtà all’interno delle quali continuare percorsi lavorativi, abilitativi, occupazionali, così che possa avere spazi di confronto e di realizzazione come persona.
L’autonomia residenziale non può essere pensata come il risultato di accadimenti negativi nella vita di una persona con disabilità (es. il decesso o l’anzianità dei genitori), ma deve essere un processo di crescita preparato e realizzato per tempo e con risorse e sostegni adeguati. È necessario investire in percorsi che preparino per tempo le persone con disabilità e le loro famiglie ad acquisire consapevolezza di dove, come, quando e con chi realizzare la propria vita autonoma, con un progetto personalizzato e possibile.
L’età evolutiva e la scuola. L’età evolutiva, convenzionalmente riassunta fra gli 0 e i 18 anni, è determinante per lo sviluppo delle abilità, per la costruzione di una identità, per la strutturazione di una rete relazionale vitale, per la realizzazione della persona, ed ancor più per quella persona con disabilità. In particolare poniamo l’attenzione sull’integrazione scolastica, convinti che la scuola sia un luogo pedagogico determinante per la crescita e la valorizzazione della persona umana, per la comprensione e il rispetto delle differenze e dell'identità di ciascuno, per la costruzione della convivenza sociale. Momenti di approfondimento specialistici, di ricerca e formazione in campo educativo e didattico potranno essere aggiunti, arricchendo l’offerta, senza però rendere ordinari o prevalenti percorsi differenziati. 
Il lavoro. Da anni parlo di lavoro per i nostri ragazzi. Credo di poter affermare che Il lavoro per ognuno rappresenta la fonte di reddito e nello stesso tempo un’azione quotidiana attraverso la quale la persona esercita il proprio ruolo nella società, costruisce le relazioni, manifesta uno scambio con la comunità. Il diritto al lavoro esercitato nel sistema ordinario anche attraverso percorsi di facilitazione, di sostegno e di accompagnamento previsti dal proprio progetto individuale, fornisce alla persona quella dimensione di appartenenza alla comunità, di piena soggettività e di relazione di qualità che attribuisce senso e significato alla propria esistenza e alla propria dignità.  Lavoro vero, inclusivo e riabilitativo. Non laboratorio non laboratorio di ceramica
Le esperienze di lavoro vero, hanno dimostrato che le persone possono far emergere potenzialità inaspettate. Una  azienda anche piccola, è un gruppo di persone in cui nascono amicizie, affetti, relazioni, scambio di umanità, reciprocità e momenti di ricreazione, in cui le diversità convivono trovando il proprio spazio, in cui ciascuno trova il proprio ruolo e contribuisce alla crescita della cooperativa, in sintesi trova la dignità che soltanto il lavoro può dare a un uomo e a una donna. Questi uomini e donne, con le loro difficoltà, lavorando trovano posto nella propria comunità, ognuno secondo le proprie possibilità, ognuno con il proprio modo di essere, spesso strano o molto strano. Le persone, seppure con disabilità, saranno uomini e donne che possono vivere a pieno la vita, finalmente cittadini.
La persona può vivere così nel mondo delle possibilità e provare a giocarsi la sua vita. La sua vita intera e non già pezzetti di essa, frammenti, brandelli che non ricostruiscono mai una storia. Per questo è importante che fondamentale che siano liberi di lavorare perché attraverso questa libertà saranno Liberi di esprimere desideri e talenti attraverso l’inclusione sociale ed il lavoro.   In questo percorso  abilitativo della persona, si creano le condizioni per individuare al più presto le attitudini individuali che la porti ad un possibile inserimento in percorsi che sfruttino le opportunità di vita che la comunità, dove vorrà vivere, offre. E saranno anche conseguentemente maggiormente 
Liberi di autodeterminarsi. Le persone con disabilità, anche attraverso il proprio progetto individuale, esercitano la loro libertà di autodeterminarsi, necessitando non di speciali privilegi, ma della semplice opportunità di poter assumere decisioni e di recuperare il controllo pieno della propria vita privata e intima, presupposto indispensabile per assumere una funzione attiva all’interno della società. Avere il controllo della propria vita rappresenta, per le persone con disabilità, un elemento fondamentale di riconoscimento dei diritti umani. 
abbiamo già parlato di tempo libero e di servizi permettetemi due parole sul

 Il budget di progetto, previsto anche dalla legge 112/2016 (c.d. legge sul “Dopo di noi”), è lo strumento che rende realizzabile il progetto di vita, definisce le risorse economiche strumentali, professionali e umane sia pubbliche che private, necessarie per la sua realizzazione, comprende le risorse previste a livello previdenziale, quelle previste dai percorsi riabilitativi e assistenziali garantite dai LEA (Livelli essenziali di assistenza), i pacchetti assistenziali aggiuntivi, le risorse del privato sociale, del volontariato e di tutte le associazioni e realtà attrezzate per affrontare le disabilità.

Fanno parte del budget di progetto anche tutte le risorse costituite dall’apporto delle famiglie adeguatamente sensibilizzate, informate e formate, ma soprattutto rassicurate dal progetto individuale condiviso con tutti gli attori, formali e informali, rispetto al fatto che il loro sforzo economico non andrà perduto, non andrà sprecato, che le risorse familiari messe in gioco effettivamente andranno a beneficio del familiare con disabilità in forza dell’accordo forte e impegnativo concluso con la comunità.
È necessario stringere un   patto tra la persona con disabilità, la sua famiglia, le Istituzioni, gli attori formali e gli attori informali, avente ad oggetto la messa in comune di idee, risorse economiche e apporti non economici, con l’obbiettivo di garantire alla persona con disabilità una vita degna di questo nome, dignitosa e libera.

Marino Lupi

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