Per Andrea

10/10/2011

10/10/11

Dopo l'ennesima tragedia della disabilità accaduta a Barga, riceviamo una lettera che pubblichiamo:

Andrea io non l’ho conosciuto.

Di lui so solo che aveva 39 anni, che era cerebroleso, che viveva a Barga prima che la solitudine, l’assenza dei servizi, l’indifferenza del mondo “sano” lo uccidessero per mano di un padre disperato, mero strumento di morte spinto da forze schiaccianti molto più grandi di lui.
Quando mio figlio autistico, disabile grave, avrà 39 anni, io, se sarò sempre viva, avrò l’età del padre di Andrea e mi chiedo come sarò, se sarò stanca, se qualche malattia – il cuore o chissà cos’altro -  mangerà la mia autonomia e le mie forze.
Penso ad Andrea, cerebroleso che respira male e tossisce nel suo letto speciale; penso a suo padre, cardiopatico, che da anni gli dorme accanto, penso alla mamma anche lei malata; penso a tutti quelli che prima di morire per effetto di qualche azione fisica, muoiono per mancanza di speranza in un futuro.
Sono sicura che la battaglia della disabilità non si vincerà con la sola azione anche forte e coraggiosa dei disabili stessi e delle loro famiglie – anche se noi genitori questo lo facciamo ogni giorno che Dio mette in terra -  la battaglia si vincerà solo con il contributo di tutta la società civile esattamente come è accaduto per ogni battaglia sociale volta alla rivendicazione di diritti; la battaglia dei disabili si vincerà soltanto quando il problema dei disabili non sarà più soltanto un problema “loro” ma un problema di tutti.
E’ necessario spezzare l’incantesimo che  sembra incantare ciascuno di noi e che ci spinge a pensare che la faccenda non ci riguarda, che a noi o ai nostri famigliari non accadrà mai, che a noi un figlio così non ci toccherà mai, che in fondo non vale la pena spendere risorse economiche e morali per persone “riuscite male”.
E’ necessario indignarsi ed indignarsi tanto per il fatto che la nostra “incivile” civiltà riesce ad armare le mani di un padre.
Io personalmente sono triste, addolorata, arrabbiata, disperata.
Io credo che la rinascita morale ed economica di questo paese, urgente come non mai, debba passare per forza attraverso il recupero di valori fondanti come la solidarietà e la costruzione di una rete di accoglienza per tutti quelli che si trovano in situazioni di svantaggio e di debolezza.
Credo che nessuno possa salvare l’anima e anche le proprie sicurezze economiche se non in un sistema che consenta a tutti, nessuno escluso, di  avere una  vita dignitosa ed una prospettiva di futuro.
Un abbraccio forte pieno di tenerezza a tutti quelli che purtroppo non ce l’hanno fatta a resistere.

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